E mi guardo intorno cercando di salvare almeno una emozione e mi accorgo che non c'è altro che vuoto e tempo smarrito tra le pieghe sdrucite di ore, annegate in speranze che, alla fine, altro non erano che stupide illusioni.
E mi ritrovo soffocata dal silenzio, quello vero, quello pesante, quello che affonda le sue radici nella incomunicabilità, nelle omissioni, nell'incomprensione, nella mancanza di fiducia, quello da muro robusto e invalicabile, quello che opaco ti occlude l’orizzonte, quello che, te ne rendi conto ogni giorno che passa, ti sussurra beffardo, con gran frastuono, che non rimane proprio più niente da dire, niente per cui valga la pena di lottare.
Perché manca l'urgenza dell’incontro, il desiderio del confronto, la voglia di raccontarsi, il bisogno di sostenersi e la piacevole necessità del condividere.
Ammetterlo significa essere onesti con se stessi, perché è inutile fare finta di niente, soprattutto quando da mesi se ne è inspirata l’aria, resa rarefatta dalla consapevolezza che il rapporto si è logorato, svuotandosi di ogni contenuto, divenendo solo l'appendice ingloriosa di qualcosa che non esiste più.
I silenzi passati erano comunque colmi di speranza, al di là del dolore che esprimevano, perché c’era ancora almeno il miraggio di un Affetto.
Il silenzio presente è solo vuoto totale.
Incolmabile.